La pratica favorisce il sorgere di uno stato interno calmo e concentrato. Attraverso l’ascolto del corpo, del respiro, dei sensi, della mente e del cuore coltiviamo la presenza, l’esperienza di esserci qui ed ora.
L’ascolto è il filo che integra i versanti che ci compongono. Aprirci all’ascolto allora significa esplorare la possibilità di fare spazio ad un modo di essere in relazione con se stessi, gli altri e il mondo circostante.
Obiettivo della pratica proposta è sperimentare l’ascolto. Radicati nel corpo dove c’è tutto. Abbiamo un tesoro in vasi di argilla. Geografia di luoghi e campi da esplorare. Corpo muro o porta, soglia da varcare per accedere all’ascolto. Da un concetto ad un’esperienza vissuta.
La pratica tocca e mette insieme tutte le parti del nostro essere, anche quelle che ancora non conosciamo: in nirodha integriamo e ricomponiamo ciò che tende ad andare fuori. Si riduce la tendenza alla dispersione, all’agitazione e alla confusione. La pratica ci ri-orienta dentro. Ci riporta nello spazio interno. È un ritornare a casa. Con pazienza e amorevolezza. Ogni istante di nirodha, di presenza è un tempo favorevole (kairos) per realizzare se stessi, per realizzare ciò che già siamo, pienamente umani.
Se riusciamo a tollerare l’incertezza e il disagio si aprono altri sentieri. Fluisce qualcosa di nuovo e di antico. Anche il disagio è un campo da attraversare, opportunità significativa e favorevole.
Vediamo e siamo visti, vediamo e ci lasciamo vedere.
È un’esperienza che ci permette di evolvere a piccoli passi. Impariamo gradualmente a divenire capaci di mantenere l’apertura nella centratura, l’apertura sul e nel processo. Cerco l’occhio del ciclone e sono consapevole dei movimenti vorticosi intorno. Sento il flusso evolutivo che mi pervade e in cui sono immerso. Ricerco un equilibrio nel disequilibrio, come il surfista sulle onde. Per provare a convivere con quello che c’è. Processo di apprendimento che dura tutta la vita, mai uniforme e lineare, che procede a spirale, con le sue discontinuità e pause (kshema).
Respiro, soffio vitale (Prāna) che pervade il vivente. Da dove viene? Verso dove va?
La meditazione allora è un training per addestrare e rafforzare il flusso di consapevolezza. Da una mente distratta ad una mente consapevole. Quando ci accorgiamo che la distrazione ci ha portato via, la mente consapevole se ne avvede e ritorna al focus. La modalità della mente istintiva è quella che si distrae. Presto attenzione in modo consapevole al momento presente, con mente non giudicante e compassionevole, che vede le cose così come sono.
La mente istintiva reagisce, la mente consapevole agisce.
Meditare è ascoltarsi, lasciare che accada. Non è solo uno stato concentrato. Anche il cecchino è concentrato ma non è in meditazione perché manca la dimensione etica.
La distrazione la osservi, non ti lasci portare via. Tutto può entrare, ma poi può anche uscire. Sei cosciente di ciò che avviene. Stato recettivo. Dal pensare al sentire. È un salto nell’ignoto.
Vedente e visibile. Colui che vede e colui che è visto entrano in una relazione intima e reciproca. Non si sa più chi vede e chi è visto. Colui che vede, chi è visto e il processo del vedere (visione) entrano in una relazione dialogica, intima, reciproca e dinamica. Processo evolutivo che porta alla fioritura dell’Essere, che significa divenire pienamente umani.
La trasformazione avviene attraverso una forza di relazione. Forza di connessione che lega due energie. Una dà, irradia, l’altra riceve, si impregna e si vede trasformata dall’intensità dello scambio. Il suo unico interesse è il bene dell’altro. Relazione da cuore a cuore.
Cosa succede quando ascolto? Che effetto ha su di me e su ciò che sento?
Il traning della consapevolezza in azione mi allena all’ascolto, consolida e rende più salda e allo stesso tempo più recettiva e porosa la presenza. Inserisco un’abitudine salutare che mi aiuta a coltivare una mente meno dispersa, più duttile e pronta al servizio. Vigilo sulla mia mente, custodisco il mio stato interno, raddrizzo l’arco quando necessario. Questo lavoro interno (che è un’azione) produce un cambiamento di prospettiva, diminuisce le risposte automatiche e reattive, spesso stereotipate e ripetitive, prevedibili, accresce la libertà di scegliere, momento per momento, come rispondere alle esperienze che la vita ci presenta. È uno sguardo interno che integra e prende per mano ciò che incontra, anche quello che non ci piace e non vorremmo. È uno sguardo fiducioso e paziente, che esplora con curiosità e gentilezza, con mitezza, umiltà e comprensione. È uno sguardo attento, amorevole e tenero (“come una madre e un padre guardano al loro unico figlio”) e che per queste sue qualità intrinseche cura e porta sollievo.
Permette di avvicinare anche i nostri nodi e fragilità. Ascoltare è fare spazio, lasciare la porta aperta e accogliere ciò che arriva. È uno stato di apertura che favorisce la conoscenza di parti antiche che affiorano e parti nuove, ancora ignote che si evidenziano. Scavo archeologico e processo generativo, che ri-crea e fa nuove tutte le cose.
Partiamo dal corpo perché offre un ancoraggio concreto alla mente che per sua natura è sottile e tende ad andare dove vuole, a divagare. Scelgo che non lo faccia.
Coltivare una mente che ascolta. Il cammino di una vita. Un percorso che ha i suoi tempi, che non sono i nostri o quelli che immaginiamo. Ci introduce in un territorio ignoto che ci interroga. Si accompagna con il silenzio interiore, l’intimità, l’accettazione, la pazienza, la fiducia, il lasciare andare.
Se vedi attraverso questo istante
vedi attraverso colui che vede.
Enrica Guardati