Śrī Tirumalai Kṛṣṇamācārya (18/11/1888-28/02/1989), considerato il padre dello yoga contemporaneo, seppe conciliare lo yoga tradizionale con le esigenze dell’uomo moderno, rinnovandone e adattandone la pratica anche al diverso contesto del mondo occidentale. Ebbe infatti molti discepoli provenienti principalmente dall’Europa e dagli USA che sono poi diventati rinomati maestri ed insegnanti. Tra i suoi allievi figurano B.K.S. Iyengar, Patthabi Jois ed i suoi figli Śribhaṣyam e T.K.V. Desikachar. Quest’ultimo è stato il suo successore ed ha sviluppato ulteriormente la pratica viniyoga.

Kṛṣṇamācārya non solo eccelse nella disciplina dello yoga, ma fu anche medico ayurvedico e maestro nei sistemi filosofici dell’India e istruttore personale del Mahārāja di Mysore e della famiglia reale.  Astrologo, sanscritista, poeta, musicista ed esperto di canto vedico, Kṛṣṇamācārya fu sicuramente un personaggio fuori dal comune.

Conoscere il Viniyoga

Nato in una famiglia di bramini, sin da giovane frequentò i grandi saggi dell’Istituto di Sanscrito di Mysore e da subito si rivelò abile interlocutore nei dibattiti filosofici più arditi. In questo Istituto ricevette l’insegnamento completo sulla filosofia Vedānta.

L’incontro con un saggio errante lo portò verso lo studio di specifici aspetti dello yoga e a sostenere un esame sulla filosofia Sāṃkhya all’Università di Patna.

Su suggerimento del suo precettore, Śrī Vamacarana Bhattācārya, partì per il Monte Kailaś, dove fece l’incontro più significativo della sua vita. Per sette anni (dal 1916 al 1923) infatti visse con il grande maestro Śrī Rāma Mohana Brahmācārya, con cui studiò i differenti aspetti della pratica yogica, della filosofia e della medicina tradizionale indiana.

Quando lasciò il suo guru nell’ Himalaya, il suo destino era tracciato. Secondo le precise consegne del suo maestro, Kṛṣṇamācārya doveva insegnare lo yoga, ma assolutamente non fare uso professionale delle conoscenze acquisite negli altri ambiti dei suoi studi.

Dal 1932 fino all’indipendenza dell’India, egli insegnò lo yoga nella scuola da lui stesso aperta e diretta, nel palazzo reale di Jaganmohan a Mysore.

Nel 1952 si trasferì con la famiglia a Madras, oggi Chennai, e lì iniziò ad acquisire studenti yoga in condizioni fisiche molto differenti tra loro. Ciò richiese un continuo adattamento del suo insegnamento alle abilità di ogni persona

Dagli anni ’50 in poi, per tutta la sua vita Kṛṣṇamācārya continuò a perfezionare questo approccio individualizzato, poi divenuto noto come Viniyoga.

Nonostante la sua grande conoscenza e fama, egli rimase un uomo umile, definendosi sempre studente e ricercatore. La meticolosità nei rituali e l’assiduità della sua pratica sono leggendarie. Meno conosciuti sono probabilmente i suoi passatempi, come comporre poesie, suonare la vīnā, lavorare la terra e prendersi cura degli animali.

Per Kṛṣṇamācārya ciascun individuo doveva trovare e percorrere il proprio cammino nello yoga, poiché la pratica è per ciascun individuo un’esperienza differente. Egli era convinto che lo yoga potesse far emergere in ognuno la spiritualità e svilupparne la capacità di autoguarigione. Il suo motto era “insegna ciò che è appropriato per l’individuo”.

Morì nella sua casa a Chennai all’età di 101 anni, nel 1989, mantenendo integre le sue facoltà cognitive fino al momento in cui entrò in coma.

Le fasi di insegnamento

Come lo stesso Kṛṣṇamācārya ha proposto, il suo percorso nell'insegnamento dello Yoga può essere distinto in differenti fasi, la prima delle quali (nel periodo di Mysore), chiamata Vajrakāya, era orientata a far raggiungere agli allievi una padronanza assoluta del corpo rendendoli capaci di eseguire gli asāna più spettacolari. Da questa fase, in cui Kṛṣṇamācārya insegna principalmente a gruppi di giovani allievi, il suo metodo evolve verso il concatenamento delle posture in sequenze codificate che prendono avvio dalla posizione in piedi. Molti dei suoi allievi di quel periodo diffonderanno poi anche in Occidente questa particolare modalità di pratica.

Ma è a partire dagli anni '50, quando lascia Mysore per stabilirsi a Chennay, che Kṛṣṇamācārya comincia a elaborare un metodo di insegnamento dello Yoga in cui la qualità dell'uso del corpo viene affiancata dalla ricerca di una qualità di stabilità interiore e di introspezione in cui il respiro comincia a rivestire un ruolo centrale. L'esecuzione, sia dinamica che statica degli asāna viene associata ad un ritmo respiratorio lento e preciso, scandito dall'ujjāyi. La pratica delle posture e delle controposizioni, così rigorosamente associata al respiro diviene uno strumento per focalizzare e stabilizzare l'attenzione, favorendo una concentrazione mentale che permette all'allievo di entrare in un contatto molto profondo con se stesso.

È proprio grazie a ciò, che questo tipo di insegnamento si adatta perfettamente anche a praticanti che vogliono unire il lavoro sul corpo al cammino spirituale. La possibilità di accedere (o di recuperare) tutte le proprie potenzialità (anche le più elevate), si realizza infatti nella persona grazie allo sviluppo della consapevolezza del corpo, della percezione e del respiro. E tale consapevolezza è capace di chiarire a poco a poco la profonda relazione esistente tra tutte le cose e di pacificare così i conflitti che distorcono la nostra visione della realtà. Questo è l'insegnamento che verrà tramandato anche in Occidente dal figlio di Kṛṣṇamācārya, T.K.V. Desikachar, suo principale allievo e quindi naturale erede della tradizione (Kṛṣṇamācārya Yoga Samprādaya).

A partire dagli anni '60, essendo divenuto sempre più importante il suo ruolo di terapeuta, Kṛṣṇamācārya affina ancora di più i suoi strumenti pedagogici insistendo sul concetto che la pratica di Yoga deve adattarsi ella persona e non viceversa. Essendo ogni allievo, soprattutto se colpito da una malattia, un essere assolutamente unico, dotato di peculiarità che devono essere rispettate anche da un programma terapeutico, dovrà ricevere l'insegnamento per lui più adatto, basato su istruzioni particolari che adattano ai suoi bisogni le posizioni e la respirazione. Quando l'unione armoniosa tra corpo, mente e spirito viene meno e la malattia o il disagio si manifestano ad un qualunque livello, viene colpita la persona nella sua interezza e solo una pratica concepita appositamente per lei può mirare a ristabilire l'equilibrio. Dunque il concetto di Viniyoga, (scelto ed utilizzato da Desikachar) mutuato dagli Yoga Sūtra di Patañjali (III-6) che implica la necessità di un approccio graduale e il prendere in considerazione i livelli della persona (cioè le sue caratteristiche peculiari come età, sesso, cultura, stato di salute, sensibilità e aspirazioni), è qui completamente sviluppato e diventa il nucleo centrale dell'insegnamento di Kṛṣṇamācārya, che pur senza rinunciare alle profonde radici da cui esso traeva origine, per tutta la durata della sua vita, lo elaborerà, rinnovandolo continuamente in modo originale e talvolta anche rivoluzionario.