Intervista realizzata a Madras nel 1988 da Claude Maréchal in occasione del centenario del Professor T. Kṛṣṇamācārya
Pur essendo il professor Kṛṣṇamācārya profondamente ancorato al suo paese ed alla sua cultura, orientò con molta fermezza tutti i suoi figli verso un’educazione di tipo anglosassone, occidentale. Desikachar si laureò in ingegneria ed esercitò questa professione per alcuni anni.
Suo padre fu molto felice quando Desikachar ricevette il diploma alla fine degli studi. Pensava che il lavoro di ingegnere gli potesse conferire un certo prestigio e un buon reddito.
Quando, dopo alcuni anni l’interesse verso questo lavoro diminuì e Desikachar comunicò al padre l’intenzione di abbandonarlo, questi non ne fu particolarmente contento. Desikachar ebbe difficoltà a fargli accettare l’idea, poiché secondo il padre non avrebbe più avuto né sicurezza economica, né futuro, né status sociale. Kṛṣṇamācārya non incoraggiò mai Desikachar ad intraprendere lo studio dello yoga. Ciononostante, lui abbandonò il lavoro e chiese al padre d’insegnargli lo yoga. Per mettere alla prova il figlio, Kṛṣṇamācārya fissava le ore di lezione ancora prima dell’alba. Utilizzò tutta una serie di stratagemmi per farlo desistere dalla decisione. Solamente dopo parecchi anni Kṛṣṇamācārya finalmente accettò la situazione.
Nel 1988, in occasione dei festeggiamenti per il centenario del professor. Kṛṣṇamācārya Claude Maréchal, intervista il suo maestro ed amico T.K.V. Desikachar. Essere allo stesso tempo figlio e discepolo di un grande maestro può presentare sia vantaggi che svantaggi.
D. L’aspirazione per l’insegnamento dello yoga proviene dall’esempio di vostro padre?
R. Sì, il suo lavoro mi ha impressionato al punto da spingermi a cambiare il mio. Ho visto moltissime persone trarre numerosi benefici dalle sue lezioni di yoga. Vedevo le persone guarire ed il suo esempio mi ha veramente impressionato al punto da volere fare come lui.
D. Il vostro interesse riguardava esclusivamente la salute?
R. Sì, nel 1962 vedevo unicamente questo aspetto del suo lavoro e fu dunque il solo che mi interessò a quell’epoca. Solamente più tardi mi resi conto di tutti gli altri aspetti del suo insegnamento.
D. Siete stato per diversi anni contemporaneamente suo allievo ed assistente, giusto?
R. Sì.
D. E’ stato una guida per la vostra pratica? Avete ricevuto un insegnamento sistematico sui differenti aspetti dell’applicazione dello yoga?
R. Sì, ad esempio mi chiedeva di eseguire delle asana, oppure di controllare l’insegnamento che lui stesso impartiva.
Nelle sue lezioni proponeva un gran numero di posture e mi chiedeva di far rispettare rigorosamente tutte le indicazioni, sia respiratorie che le compensazioni.
Nel 1963, m’insegnò l’Haṭhayoga Prādipikā, uno dei principali testi dell’Hatha Yoga. Inizialmente dovetti imparare a recitare il testo a memoria. Successivamente mi dettò lo Yoga-Rahasya, un testo fondamentale che il Professore attribuiva al suo antenato Nāthamuni. Mi fece riscrivere dei testi che lui stesso aveva redatto nelle lingue telugu e kannara. Lo studio dei testi e la pratica si svolgevano la mattina molto presto.
Lo studio sistematico delle posture non richiese molto tempo, circa un anno, in quanto ero già ben introdotto nel suo insegnamento e assistevo ad ogni suo corso.
Verso gli anni 1964-65 mi iniziò al canto vedico, a cui abbiamo consacrato molti anni.
Progressivamente ci siamo incentrati sullo studio dei testi tradizionali, lo studio del canto vedico e l’applicazione dello yoga alle persone sofferenti.
D. A proposito degli Yoga Sūtra, mi avete detto che vostro padre vi ha insegnato questo testo almeno sette volte! Vi trasmetteva ogni volta elementi particolari? Rappresentava per lui l’occasione peri mettere in evidenza nuovi punti di vista?
R. Ho iniziato lo studio di questo testo credo verso il 1964. Devo riconoscere che all’inizio non ero in grado di seguire, anche se prendevo scrupolosamente degli appunti. Questo problema divenne poi ancora più cruciale, nel momento in cui allievi come ad esempio Francois Lorin, mi chiesero d’insegnare loro questo testo. Tornai dunque da mio padre per chiedere di riprendere l’insegnamento dei Sūtra. Ed in questo modo, per parecchi anni, ho approfittato di ogni occasione per sedermi ai suoi piedi, da solo oppure assieme ad altri. È così che ho avuto la fortuna di studiare il testo ripetute volte.
Nel tempo, questo lavoro divenne più approfondito. Un giorno gli chiesi di spiegarmelo ancora una volta, un’ultima volta, ma con il suo commento personale. Mio padre acconsentì e per un periodo di quattro anni, mi dettò il testo dello Yogavalli.
D. Il Professor Kṛṣṇamācārya è vostro padre e gurū. Come si trasmette l’insegnamento tradizionale tra padre e figlio?
R. Essere figlio ed allievo pone a ciascun corso un problema specifico. A volte domina il padre, altre volte il maestro. Ho sempre cercato d’avere una buona relazione con lui. Da parte sua è sempre stato molto gentile con me. Ho sempre avuto la possibilità di parlargli di qualsiasi argomento, in ogni momento, senza alcun problema. E’ veramente una grande opportunità, una grazia del Signore. È stato un grande privilegio aver potuto vivere accanto a lui. Ho rispettato mio padre come un allievo rispetta il proprio maestro. Molto spesso ho completamente accettato le sue parole. Un giorno mi disse, ad esempio: ”tu devi acquistare quella casa”. Senza discutere lo feci al più presto. Ma, allo stesso tempo, quando ero in disaccordo con lui, ho sempre potuto discutere con lui al punto da fargli modificare sensibilmente il suo atteggiamento.
D. Negli ultimi anni ha soprattutto parlato di Dio. Vi sono state più tappe nella sua vita?
R. Non credo abbia mai dubitato dell’esistenza di Dio. Tutto ciò che lui ha composto a partire dal 1934 esalta l’importanza della preghiera, il rispetto di Dio e d’essere al servizio del guru. D'altronde si è sposato su suggerimento del suo guru. Ogni volta che componeva qualcosa d’importante, era solito dichiarare: ”Non viene da me, ma dal mio gurū”. Questi valori lo hanno accompagnato durante tutta la vita.
D. Grazie a vostro padre avete ora una grande conoscenza dello yoga. Ciononostante continuate giorno dopo giorno, a seguire un insegnamento con lui.
R. Non vedo mio padre unicamente per studiare āsana, prānāyāṃa, ecc. Per me rappresenta l’India intera e tutte le sue grandi tradizioni vediche ed i suoi valori. Si tratta di uno studio che non ha fine…
Penso che lo studio che ha come obiettivo la ricerca di una trasformazione individuale non possa avvenire andando semplicemente da un professore e prendendo degli appunti. Come si può rilevare dai testi, e come ripete mio padre stesso, occorre stabilire una relazione costante con l’insegnante per impedire all’ego di svilupparsi in modo esagerato.
Ascoltare mio padre è come avere un tesoro, un grande regalo. Lui insiste soprattutto sull’idea di Viniyoga, la nostra responsabilità d’offrire un insegnamento che tiene conto dell’altro e della sua richiesta. È un piacere sedersi accanto a lui ed ascoltarlo!
D. Nel tempo è divenuto gradualmente il guru
R. Sì, il rapporto “padre-figlio” si è ridotto progressivamente a favore di una relazione “professore-allievo”. Questo rapporto ha guadagnato in profondità e in finezza.
D. Parlate di vostro padre con molto rispetto, lo considerate un grande maestro. Questo grande maestro ha ora 100 anni. Vi state preparando a perderlo?
R. Io sono una persona molto pratica. Quando sono in Europa o America, lui non è presente fisicamente, ma è come se ci fosse È la sua benedizione. Occorre in ogni modo prepararsi alla sua morte, ma allo stesso tempo, sarà sempre vicino a noi.